Psicoterapia online con un’insegnante in tempi di COVID

La pandemia da Covid-19 ha influito notevolmente sulle nostre abitudini di vita. Il lockdown prima e poi le fasi successive, hanno segnato questo nostro tempo in modo significativo. Nel periodo di quarantena si è sperimentata, e non senza difficoltà, la DAD (didattica a distanza), per garantire lo svolgimento del programma scolastico e quindi del diritto allo studio che è sancito dalla nostra Costituzione (articoli 33 e 34). La difficoltà era dovuta al fatto che molti degli insegnanti coinvolti in questa nuova modalità si sono trovati sprovvisti di adeguata formazione sull’utilizzo delle nuove tecnologie e quindi sono stati costretti ad “improvvisare” per fronteggiare la situazione pandemica al meglio e ad assumersi un carico di lavoro al quale né gli studi universitari né la formazione successiva li avevano preparati.

L’impatto del Covid-19 ha portato quindi negli insegnanti (ma anche negli studenti, egualmente impreparati alla DAD, e nei loro familiari) ad una vera e propria condizione di malessere psichico, che è sfociata in crisi d’ansia, così come è successo ad una paziente di cui parlerò, che seguo da circa 2 anni. Sebbene sia ancora prematuro tracciare un quadro preciso delle reali conseguenze della pandemia sul benessere mentale di tutti noi, dal punto di vista clinico s’intravedono già alcune conseguenze significative di questa pandemia. La vicenda di questa paziente di cui scrivo, e che chiamerò Gabriella, ci aiuta a riflettere in generale sull’impatto della pandemia sulla nostra vita psichica ed in particolare sull’impatto traumatico dell’obbligo di improvvisazione della DAD sugli insegnanti.

 

La vicenda di Gabriella

 

Gabriella, racconta in seduta tutto il suo disagio ed il suo vissuto durante la pandemia. Mi trasferisce il suo senso d’inadeguatezza soprattutto quando deve affrontare la DAD (didattica a distanza) o la DID (didattica integrata a distanza). Per quest’ultima modalità racconta che era molto complicato mettere insieme l’insegnamento in classe e contemporaneamente collegarsi coi bambini che restavano a casa perché positivi.

Gabriella è un’insegnante titolare di cattedra, lavora da più di trent’anni nella scuola, figlia d’insegnante, si definisce una docente “vecchio stampo”, poco equipaggiata dal punto di vista tecnologico, che si è trovata catapultata in un’altra realtà, quella virtuale, che le ha provocato crisi d’ansia. In tutti questi anni di servizio lei non è mai mancata, non ha preso mai un giorno di malattia, era tutto casa e lavoro. La pandemia ha messo a dura prova il suo equilibrio perché la scuola è stata sempre il suo punto di riferimento. I suoi allievi la consideravano severa ma la stimavano molto perché lei ha sempre cercato di trovare e far emergere il meglio da ciascuno di loro. Era un punto di riferimento anche per i molti supplenti che l’hanno affiancata, dando consigli e suggerimenti su come condurre le lezioni e su come relazionarsi con gli allievi. La maestra Gabriella era considerata la super maestra, quella che non si tirava mai indietro. Quando c’era da fare qualcosa di più lei era sempre a disposizione, era quella che sedava i conflitti tra le insegnanti e che cercava di trovare la soluzione giusta per tutti: una colonna portante nella sua scuola. Gabriella considera la didattica a distanza un metodo inadeguato per la fascia d’età dei suoi allievi (6-11 anni). A suo parere i bambini hanno bisogno del contatto con l’insegnante, quel contatto che passa e che li conforta se gli stai fisicamente accanto quando non riescono a svolgere un compito. I bambini si sentono disorientati, racconta Gabriella: “quando si collegano hanno il pigiama, non sono sufficientemente svegli per iniziare la lezione, delle volte stanno ancora facendo colazione…” A Gabriella tutto questo non la fa stare bene, non riesce a gestirlo, sente che non può andare avanti così. Dopo il lockdown, il rientro in classe è però egualmente traumatico per Gabriella: tutte quelle prescrizioni, le mascherine, il controllo della temperatura a cui sottoporre i bambini ogni mattina, il clima di controllo… le sembra un campo di concentramento. Per Gabriella è insostenibile. Sente che l’Istituzione le ha scaricato addosso troppe responsabilità togliendole, al tempo stesso, la cosa più preziosa: il contatto con i suoi allievi. La paura del contagio blocca tutto, mette in dubbio la bontà del contatto tra insegnanti e allievi, tra insegnanti e insegnanti, tra allievi ed allievi, e pure con i familiari: l’altro potrebbe essere un pericoloso portatore del virus, un nemico.

Non è stato questo il motivo della crisi di Gabriella. Queste angosce persecutorie sono state vissute da altri pazienti, non da lei. Quello che manca a Gabriella è il contatto coi suoi allievi, il guardarli negli occhi in presenza, potendoli toccare… dice che tutto passa da lì. Se manca tutto questo l’insegnamento è puro automatismo, così pensa Gabriella: “la relazione positiva, tra insegnante ed allievo è quella che permette l’apprendimento”.

Gabriella va in crisi, vive un lutto, e non trova un contenitore adeguato (Freud, 1914, 1917a, 1917b, Grinberg, 1990). Anche il sistema educativo scolastico in generale è infatti in crisi profonda, da anni, in Italia. Non ci sono soldi, non si assumono insegnanti di ruolo, si va avanti con un sistema di supplenti che vivono anni ed anni di precariato, mancano gli psicologi o sono insufficienti. La crisi dell’Istituzione, incapace e impotente, risuona all’unisono col vissuto di Gabriella facendola sentire incapace ed inadeguata nella sua professionalità, quella professionalità che fino ad allora le aveva garantito una stima di sé ed un riconoscimento sociale che la faceva sentire bene e apprezzata da tutti.

 

Riflessioni psicodinamiche

 

L’intensità dei vissuti raccontati in seduta hanno evidenziato nuclei traumatici, emersi e provocati dalla pandemia. Come in un “Après-coup” (Freud, 1917a; Lacan, 1957-1958; Laplanche, 1989-1990, Laplanche e Pontalis, 2003; Scarfone, Laplanche, 2015; Scarfone, 2015) Gabriella accede a tematiche profonde riguardanti la sua infanzia, come se la Pandemia avesse riproposto “quel trauma già vissuto” che si ripresenta in maniera prepotente e incide nuovamente nella sua vita.

Gabriella si sposa giovanissima, vive un fidanzamento d’altri tempi, non si poteva uscire tardi la sera, sempre controllata da mamma e papà. Il suo rapporto con la mamma, anch’essa un’insegnante, era un forte legame simbiotico. La mamma era la sua spalla, l’ha avviata alla professione di insegnante, si raccontavano tutto. Il padre un militare molto rigido ma dedito alla famiglia. Durante tutto il periodo lavorativo del padre devono trasferirsi in molte parti d’Italia. Il lavoro della madre ha influito molto sulla formazione di Gabriella. La madre era una donna molto colta, le sue conoscenze spaziavano nei vari ambiti da quelli artistici a quelli medici, ne sapeva sempre più di tutti. Gabriella considera i suoi genitori dei genitori esemplari.

La terapia procede costantemente e utilizza la modalità online, nonostante Gabriella non prediliga il mezzo tecnologico. Di fatto lo accetta volentieri e ci si trova bene, d’altra parte un po’ di dimestichezza è riuscita suo malgrado ad acquisirla. Mentre si sentiva inadeguata all’inizio della terapia, pian piano riesce a sentirsi meglio, a prendersi più cura di sé e ad affrontare le situazioni che le si presentano con meno ansia e lasciandosi aiutare.

Il percorso di Gabriella, in questa sua esperienza traumatica e di elaborazione, va pensata al confine tra l’oggettività della minaccia provocata dal COVID e la soggettività della sua risposta, prima ammalandosi e poi decidendo di iniziare una psicoterapia online con me per elaborare la sua vulnerabilità riattivata dal COVID.

Gabriella è riuscita, grazie alla terapia online (un apparente controsenso rispetto all’avversione verso la didattica online imposta dalla pandemia) ad uscire dalla condizione di “crisi”, di impotenza e di solitudine. La terapia online ha permesso a Gabriella di incontrare il metodo psicoanalitico (Bollas, 1989; Semi, 2011) di posare lo sguardo su nuovi orizzonti, di trasformare un’esperienza traumatica in un’esperienza riparativa grazie al superamento dei limiti spazio-temporali offerto dal setting virtuale. Gabriella ha rimesso in movimento il suo orologio interno (Nesci, 2012) è tornata ad essere (o forse è diventata) mobilis in mobile per riprendere l’espressione cara al Dr. Nesci per caratterizzare il nucleo centrale della psicoterapia online (Nesci e Coll., 2018).

Bibliografia

 

Bollas C. (1989) L’ombra dell’oggetto-psicoanalisi del conosciuto non pensato. Ed. Borla, Roma.
Freud S. (1914) Ricordare, ripetere e rielaborare. In Opere, vol. 7 Boringhieri, Torino.
Freud S. (1917a) Lutto e Melanconia. In Opere, vol. 7 Boringhieri, Torino.
Freud S. (1917b) Introduzione alla Psicanalisi, in Opere vol. 8, Boringhieri, Torino.
Grinberg, L. (1990) Colpa e depressione, Astrolabio, Roma.
Lacan J. (1957-1958) Il seminario. Libro 5: Le formazioni dell’inconscio 1957-1958, Einaudi, Torino, 2004.
Laplanche J. (1989-1990) L’après-coup Problematiche VI (1989-1990). Mimesis, Milano, 2021.
Laplanche J. e J.B. Pontalis, (2003) Enciclopedia della Psicoanalisi. Laterza, Roma-Bari.
Nesci D.A. (2012) Multimedia Psychotherapy – A Psychodynamic Approach for Mourning in the Technological Age. Jason Aronson, Lanham.
Nesci D.A. in collaborazione con AA.VV. (2018) La Psicoterapia Online nel Setting Istituzionale. Doppio Sogno, 24. https://www.doppio-sogno.it/wp/wp-content/uploads/2021/02/Numero24_La-Psicoterapia-Online-nel-Setting-Istituzionale.pdf
Scarfone D. (2015) The Unpast: The Actual Unconscious. Karnak, London, 2015.
Scarfone D., Laplanche J. (2015) Laplanche: an Introduction, Jonathan House (Editor) 2015.
Semi, A.A. (2011) Il metodo delle libere associazioni, Raffaello Cortina Editore, Milano.