Scuola, Pandemia e Sindrome del Burnout

A partire da Febbraio 2020, l’emergenza sanitaria Covid-19 ha portato enormi cambiamenti nelle scuole di ogni ordine e grado, di conseguenza gli alunni, le famiglie, gli insegnanti e i dirigenti hanno dovuto necessariamente adattarsi a nuove norme e restrizioni per poter contenere il diffondersi della pandemia.
“Sospensione delle attività didattiche in tutte le scuole del Paese fino al prossimo 3 aprile” era quanto prevedeva il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, approvato e poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Così sono state sospese le riunioni degli organi collegiali in presenza, i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. E i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche in presenza nelle scuole, “modalità di didattica a distanza, con riguardo anche alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità.”
Cambiamenti enormi sono stati quelli che hanno dovuto fronteggiare insegnanti e presidi che, nel giro di poco, pochissimo tempo, si sono dovuti adattare ai vari decreti, dovendo “re-inventare” nuove strategie e attività da proporre agli studenti e alle famiglie. Così ha avuto inizio la DAD (didattica a distanza). Il primo impatto è stato traumatico sia per le famiglie che per gli insegnati.
Le famiglie, soprattutto nella scuola primaria, hanno dovuto partecipare in modo attivo e in presenza per permettere ai propri figli di utilizzare uno strumento fino ad allora “sconosciuto”.
Gli insegnanti avevano avuto solo poche occasioni per utilizzare la tecnologia in casi particolari e secondo le proprie personali iniziative. Da quel momento hanno dovuto necessariamente prendere confidenza col mondo digitale, continuando a proporre le loro attività con ancora più entusiasmo e passione così da assicurare che il percorso di apprendimento dei propri alunni non venisse interrotto. Sono stati “costretti” ad auto-aggiornarsi, affidandosi spesso solo al loro buon senso e impiegando così molte più ore rispetto a quelle utilizzate in presenza. Non avendo la possibilità di un confronto continuo e immediato con i colleghi e i dirigenti, in presenza, non è stato più possibile il consueto lavoro di équipe, ed ogni singolo docente ha avvertito una forte sensazione di solitudine e abbandono.
Il senso di solitudine nasceva proprio dall’impossibilità di avere in quel momento un “contenitore” che accogliesse i propri “contenuti” (Bion, 1962). Nel periodo della pandemia insegnanti e dirigenti sentono che le proprie angosce, le proprie paure, le proprie ansie non possono essere prese in carico da nessuno, perché effettivamente nell’istituzione scolastica non c’è nessuno che assuma su di sé una funzione di rêverie.
Il ritmo della lezione era sincopato, l’impossibilità di riuscire a ritagliarsi uno spazio di metabolizzazione adeguato alle attività didattiche a distanza impediva un’organizzazione efficace del lavoro.
Il disagio maggiore, tra gli insegnati, era (ed è tuttora) legato sia ai rischi per la salute propria e dei propri cari, sia all’aumento e al cambiamento del carico di lavoro dovuto al nuovo modo di insegnamento (a distanza) imposto ai docenti senza aver fornito loro alcuna formazione specifica.

 

Pandemia e sindrome del Burnout: la vicenda di Anna

 

Questi cambiamenti hanno causato un esaurimento emotivo, l’insorgere di una sindrome di Burnout (Maslach C., 1998), nella maggior parte degli insegnati. L’esaurimento emotivo è una condizione psicologica che si manifesta con affaticamento, ridotta capacità di concentrazione, insonnia e sintomi psico-somatici. Tale condizione spesso si trova in comorbilità a sintomi depressivi compromettendo così il benessere psicologico degli insegnanti e dei dirigenti.
Anna, è una giovane preside di un Istituto Comprensivo molto importante, una scuola rinomata per le sue attività e per gli ottimi risultati raggiunti dagli alunni. Anna ha deciso di chiedere aiuto per poter fronteggiare il forte stress causato dai cambiamenti e dalle nuove responsabilità di cui si è dovuta far carico durante tutto il periodo della pandemia per poter continuare a portare avanti la sua “amata scuola, insegnanti, alunni e famiglie comprese”.
Arriva da me dopo essersi rivolta al Dottor Domenico Arturo Nesci, lo psichiatra psicoanalista della nostra Cooperativa Sociale Dreams Onlus che fa tutte le prime consultazioni dei pazienti che ci chiedono aiuto.
Ho iniziato a seguirla via Skype nel mese di Settembre 2020 quindi in piena pandemia, a seguito di un attacco di panico avuto durante una riunione online con il corpo docente per prendere decisioni riguardanti la didattica e l’organizzazione della sua scuola.
“Da quando è iniziato tutto, mi sento sempre in ansia, sempre angosciata, sono preoccupata, sento di non farcela, spesso mi capita di avere paura, non capisco bene per cosa, forse per la pandemia, ho paura per i miei genitori, per i miei figli o forse per le mie responsabilità come preside”.
“Pensi dottoressa che io ho sempre odiato la tecnologia ed ora invece mi trovo costretta a farci i conti tutti i giorni sia con la DAD che con i nuovi registri elettronici che uso per comunicare con i genitori dei miei alunni informandoli sulle nuove restrizioni e i nuovi decreti emanati”.
Questi appunti presi da me durante le sedute sono solo un accenno a quello che è stato in quel periodo lo stato emotivo di Anna. In queste frasi la paziente racconta molto di quello di cui nel corso del tempo si è dovuta fare carico. Anna, nelle sedute, parla di un’ansia che sorge come reazione ad un fatto concreto, oggettivo e reale (Freud, 1922, 1925). Anna è andata in ansia per la pandemia. Si tratta di un’ansia per così dire “sana” perché ci obbliga a prendere le distanze da quel fatto che causa dolore e ci permette di fuggire da ciò che ci fa male. Ma Anna ci parla anche di un’ansia morale che proviene dall’influsso del Super Io, inteso come mondo sociale interno, fatto di regole, che gestisce i nostri “doveri”, che accompagna la paura del fallimento o del non essere riuscita a portare a termine un determinato compito. Parlare di ansia è avere a che fare con un conflitto interiore dove la realtà supera noi stessi e dove la mente inizia a viaggiare senza sosta in sentieri sconosciuti e molto profondi.
Proprio questo è successo ad Anna, combattuta dal pensiero di prendersi un anno sabbatico e quello invece di non mollare continuando a portare avanti ciò che è sempre stato il suo ideale, provando a stare nella realtà nonostante questa avesse repentinamente assunto nuove forme.
Con il percorso di psicoterapia Anna ha avuto la possibilità di verbalizzare il proprio malessere, ha messo ordine nei suoi pensieri angoscianti e spesso distruttivi. Si è data la possibilità anche di fermarsi per qualche mese, professionalmente parlando, prendendosi un periodo di aspettativa, per poter poi riprendere il suo lavoro con amore e passione.
Come sostiene Lacan, riprendendo le riflessioni sul concetto del Tempo di Freud, esiste un tempo cronologico scandito dalle lancette dell’orologio, e un tempo psicologico che non si può misurare in anticipo e nel quale l’inconscio ha modo di manifestarsi. Secondo Freud, la caratteristica fondamentale dell’inconscio è l’atemporalità: non c’è un tempo per l’inconscio. Questa atemporalità si contrappone alla linearità del tempo che caratterizza il principio di realtà.
Secondo Freud, infatti, l’essere umano funziona su due registri: quello del tempo lineare (principio di realtà) e l’atemporalità (principio del piacere). Questi due livelli possono vivere insieme in modo armonioso o possono entrare in conflitto tra loro come nel caso di Anna, ma anche di tanti altri dirigenti scolastici che durante tutto il periodo della pandemia hanno dovuto provare ad integrare in una “coesistenza pacifica” i due registri.
In quel periodo, è stato chiesto loro di adeguarsi alle norme e alle direttive in modo frenetico e repentino senza mai dare loro la possibilità di potersi fermare ad “ascoltare” quelli che erano i loro bisogni, le loro esigenze, a riflettere su ciò che il mondo in quel momento stava subendo: l’ennesima tragedia del conflitto tra Natura e Cultura.

 

Koyaanisqatsi: Life out of Balance

 

Il Covid-19 è infatti uno dei prodotti della catastrofe progressiva della Natura e dei cambiamenti climatici che denunciamo, ma ignoriamo da tanto, troppo, tempo. Koyaanisqatsi, il bellissimo film diretto da Godfrey Reggio ed uscito nel 1982, 40 anni fa, è un viaggio nel tempo: dal mondo della natura si passa allo stravolgimento che l’uomo ha causato sul mondo primordiale. Tale stravolgimento avviene in modo frenetico sia negli aspetti strutturali della natura sia negli stili di vita che l’uomo, nel corso del tempo, ha assunto. Il film-documentario finisce proprio con un susseguirsi di immagini che rimandano a paesaggi primordiali. Probabilmente è proprio questo che l’esperienza della Pandemia ha portato nelle nostre vite, nelle nostre case, nella casa anche di Anna che racconta in una delle ultime sedute: “l’unico aspetto positivo della pandemia è che nel bene o nel male tante cose si sono dovute fermare per forza, tante cose che prima mi creavano stress oggi non ci sono più, perché il mondo è cambiato, la mia, e le nostre vite sono cambiate”.

Se è vero che la Pandemia ci ha costretto a cambiare, è anche vero che nel bene o nel male, tutti noi abbiamo dovuto rallentare i nostri ritmi frenetici, permettendo così anche al mondo di potersi “riposare”.

Come scrivono due nostri Autori, in un post sul Blog della DREAMS, la pandemia ha riattivato “inconsciamente, tematiche che rivelano un conflitto tragico tra Natura e Cultura. Come non pensare al fatto che l’epidemia ha locked down le attività umane e restituito ai canali di Venezia i pesci ed ai cieli delle città l’aria pulita? Come non riflettere sul fatto che un virus (come già il global warming, gli incendi, i terremoti) sta ricordando alla specie che si auto nomina Sapiens Sapiens il fatto che sta invece comportandosi in modo molto insipiente ed autodistruttivo? La cultura umana, paradossalmente, sta rendendo il pianeta inquinato… un luogo inospitale ed invivibile…” (Giarrusso, Nesci, 2020).

Forse questa inconsapevole consapevolezza delle possibili valenze autodistruttive della Cultura ha messo in crisi il mondo della Scuola, e forse il nostro ruolo di psicoterapeuti, oggi, è anche quello di portare alla luce queste riflessioni per integrare meglio Natura e Cultura nel mondo della Scuola e renderlo più vivibile per tutti: allievi, insegnanti e loro familiari.

 

Bibliografia

 

Bion W., (1962), Apprendere dall’esperienza, Armando, Roma, 1971.
Freud S. (1922) L’Io e l’Es. In: Opere, vol. IX., Boringhieri, Torino.
Freud S. (1925) Inibizione, sintomo e angoscia. In: Opere, vol. X., Boringhieri, Torino.
Giarrusso, G., Nesci, D.A. (2020) Libere associazioni online sull’epidemia COVID-19. Blog DREAMS 9/07/2020 https://www.dreamsonlus.it/libere-associazioni-online-sullepidemia-covid-19-di-giovanna-giarrusso-e-domenico-a-nesci/
Lacan J. (2000), Le Séminaire. Livre V. Le formation de l’inconscient, Seuil, Parigi.
Maslach C. (1998) A Multidimensional Theory of Burnout. In Theories of Organizational Stress (pp.68-85) C. L. Cooper (ed.). Oxford University Press. Oxford (UK).
Reggio G. (1982) Koyaanisqatsi, su Internet Movie Database, IMDb.com.